
Broccolo e Boccadoro
Arte in cucina, e chi può meglio esprimersi dei figli della Natura?
Un artista degno di tale nome è certo il broccolo romanesco.
Verde, fiorito, ma per niente delicato. Non ha petali eterei, né foglioline evanescenti. Non è adatto al bouquet di una sposa: il suo colore è troppo acceso, le sue forme troppo riconoscibili.
E del resto nemmeno ciò che dona all’olfatto può definirsi bouquet.
Ma è un artista, un po’ alla tarda Tamara de Lempicka: forte e narciso.
E lui è talmente narciso che si moltiplica all’infinito, o almeno fino a quando non conclude il suo processo di maturazione: in qualunque scala lo si osservi, il broccolo romanesco resta uguale a sé stesso. Ogni infiorescenza è la riproduzione della forma finale: una piramide che si snoda a spirale, e che si ripete e si ripete e si ripete in rosette piramidali, specchio dell’insieme.
Dicasi forma frattale (ahimè, non chiedetemi altro).
Una meraviglia geometrica, eppure viva, mobile. Artistica. Appunto.
Potremmo definire il broccolo romanesco solo un narciso egocentrico, e invece…
Invece, come Hesse parlando di Boccadoro ci rivela: “Solo la scissione e il contrasto rendono ricca e fiorente una vita”, una sorpresa ci attende e ci dice perché questo frattale verde è così benefico per la nostra salute: nella parte meno nobile della sua interezza, nella culla di foglie che lo sostiene, batte un cuore.
Verificatelo: prendete una foglia e affettatene perpendicolarmente alla lunghezza la costa centrale: ricaverete tanti piccoli (e saporiti) cuori.
E non gettateli! Come vi consiglio di non scartare la parte più sana e verde del fogliame: lessata – insieme ai cuori – e poi condita con un sugo semplicissimo di pomodoro insaporito con aglio, olio, una bella spruzzata di origano e, a chi piace, una punta di pasta d’acciughe creerà con l’acqua di cottura la base per una minestra strepitosa.
E nel secchio dell’umido, del nostro generoso narciso, finirà ben poca cosa.