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Uccelli di rovo di Colleen McCullough

Non posso non confessare di essere partita in modo prevenuto alla lettura di questo libro: alcune vaghe reminiscenze di scene con Padre Ralph (per nulla somigliante a quello descritto nel romanzo) a zonzo in un non ben precisato giardino (per nulla somigliante a quello descritto nel romanzo) a importunare ragazzine si facevano largo nella mia mente appena veniva nominato questo titolo. Colpa del film o, forse, soltanto della mia memoria inaffidabile.

@TheThornBirds – miniserie tv del 1983 con Richard Chamberlain (in foto) e Rachel Ward

Invece questo non è un libro che parla dell’amore impossibile – che è comunque un ottimo pretesto per parlare di cose molto meno romantiche e, per la sottoscritta, più importanti.

Uccelli di rovo: il significato

D’accordo, anche il titolo è una bella trovata. Un colpo sicuro per cuori sensibili:

“La leggenda narra di un uccello che canta una sola volta nella vita, più soavemente di ogni altra creatura al mondo. Da quando lascia il nido, cerca e cerca un grande rovo e non riposa finché non lo abbia trovato. Poi, cantando tra i rami crudi, si precipita sulla spina più lunga e affilata. E, mentre muore con la spina nel petto, vince il tormento superando nel canto l’allodola e l’usignuolo. Una melodia suprema il cui scotto è la vita. Ma il mondo intero tace per ascoltare, e Dio, in Paradiso, sorride.
Al meglio si perviene soltanto con grande dolore… o così dice la leggenda.”

Molto toccante. Sembrerebbe il preludio della disfatta.

Uccelli di rovo: i personaggi

Fra amori impossibili, uccelli suicidi e personaggi belli al limite dell’improbabile, Uccelli di rovo è una storia ruvida, aspra come la terra dell’Australia – luogo in cui si svolgono gli eventi del romanzo.

  • e l’Australia è, infatti, il vero personaggio di questo libro: un personaggio complicato, ingombrante, che ti asfissia con la sua prepotente presenza. Un posto dall’altra parte del mondo (di qualsiasi mondo che non sia australe), arido o brulicante, estremo a volte fino all’inospitalità, sconfinato nella sua coerente diversità, impolverato e polveroso, eppure di una bellezza dolorosa – il dolore: filo conduttore di questo romanzo –, che lega a sé anime e memorie.

“Durante la “piovosa”, i cieli si spalancavano, né più né meno, e vomitavano acqua, non per tutto il giorno, ma a intermittenza e, fra un diluvio e l’altro, la terra fumigava, grandi nubi di vapori bianchi si alzavano dalle canne, dal suolo, dalla giungla, dalle montagne.”

  • la chiesa. Non ve lo aspettavate, eh? Pensavate di trovare i soliti commenti su Ralph Raoul de Bricassart (troppo bello, intelligente, fascinoso, troppo tutto per essere vero), invece no: altro personaggio ingombrante nel romanzo Uccelli di rovo è proprio la chiesa. Onnisciente, onnipotente, anch’essa asfissiante con le sue regole e limitazioni, la chiesa – personaggio diverso dalla religione – influenza destini e decisioni, senza mai sentire ragione. Allo stesso tempo, però, svela le sue debolezze, le crepe che minano le sue fondamenta, la costante paura di poter essere vista spogliata dalla sua sacralità e dunque, caduca.
  • gli uomini. Anche in questo caso, non mi soffermerò sui singoli personaggi – per quanto degni di nota, lascio a voi il piacere di scoprirli –, ma voglio parlare della totale estremizzazione delle qualità e dei difetti degli uomini del romanzo, con l’amarezza di dover assolutamente sottolineare una scoperta terribile: se portata all’estremo, perfino la più nobile inclinazione si trasformerà in un’orrenda deformità. Ed ecco che la caparbietà diventa ottusa testardaggine, la speranza muta in ossessione, il faticare diventa l’unica ragione di vita. Sorte ancor più tragica spetta a quei tratti del carattere più intimi e delicati, che finiranno per diventare l’impedimento per vivere. Nessuno degli uomini del libro riesce a trovare l’equilibrio, tutti pagheranno un prezzo troppo alto.
  • le donne. Neanche le donne sono immuni all’estremizzazione del loro carattere ed è solo la loro tempra a farle resistere più degli uomini nella certa disfatta delle loro vite. Vanno incontro al loro destino come gli uccelli di rovo, appunto. Ma né la grazia con la quale lo fanno né la maestosa bellezza nello scegliere di farlo mi potranno far concludere che “ne è valsa la pena”.
  • la natura. Potente, bellissima, anch’essa estrema – ma soltanto fino a se stessa, poiché non responsabile per altri, a differenza degli umani –, la natura è un elemento fondamentale nella costruzione di questa magnifica storia che racconta sì, di donne incomprese e di uomini proiettati in una realtà alienante, ma anche di cavalli, di canguri e di pecore, di incendi e di inondazioni, di posti sconfinati nei quali nulla viene filtrato e tutto è esattamente come è sempre stato.

 

Uccelli di rovo – la trama

Più leggevo questo libro, più pensavo a una saga familiare, una storia che snoda i suoi capitoli attraverso le vite di madri, padri, figli e nipoti di una sola famiglia (e, in proposito vi suggerisco la nostra La cascia dello zucchero, saga ambientata in Sicilia – un territorio meno vasto, ma con tantissima storia). Ogni membro della famiglia ha una storia a sé, perché ognuno ha una propria vita, eppure nessuno la vive davvero. Schiavi dalle aspettative loro inculcate, incastrati in meccanismi perversi e irrimediabilmente dannosi, ognuno di loro (così come ognuno di noi) fa del suo meglio per costruirla come pensa che sia giusto – ma i pensieri non sono propri, sono i pensieri di una società distorta, crudele e immeritevole di alcun sacrificio.

Conclusioni

Orgoglio, superbia, ambizione, avidità. Nulla che prometta bene. E non potrebbe essere diversamente. L’uccello di rovo non sa cantare meno divinamente e, nel farlo, affronta il suo destino. Lui non è capace di trovare vie di mezzo, o forse non vuole neanche trovarle. La via di mezzo, però, ha una sua sottovalutata bellezza. Così come ce l’ha l’equilibrio. Inseguire disperatamente le proprie virtù finirà per trasformale in vizi. C’è già abbastanza dolore nella vita.

Sull’autrice

Quando mi è stato chiesto “perché Uccelli di rovo?” fra le mie scelte di lettura, ho risposto “voglio vedere se gli australiani sanno scrivere”. Quanta presunzione! In verità, molto più realisticamente, volevo solo sopperire alla mia mancata conoscenza di autori australiani. La risposta comunque è “gli australiani sanno scrivere, eccome!”. Colleen McCullough per lo meno lo sa. Sono rimasta stupita dalla sua conoscenza del territorio, dalla facilità con cui cambiava scenario, le sue descrizioni mi hanno fatto davvero patire caldo, e polvere, e mosche, per non parlare della sua capacità di esprimere la sofferenza intrisa nei personaggi. Poi ho scoperto che è stata una donna straordinaria, non solo per aver scritto Uccelli di rovo, ma per aver scritto anche altri 24 libri fra quali una serie di romanzi storici sull’antica Roma, accuratamente realizzati (altri dettagli in questo articolo).

Inoltre, Colleen McCullough non fu soltanto scrittrice (mentre scrivo la parola “soltanto” mi vergogno, vorrei che fossi anch’io “soltanto” così): laureata in medicina, presta servizio sia in Australia che in Gran Bretagna, in seguito diventa ricercatrice di neuroscienze negli Stati Uniti, poi insegna neurologia alla Yale Medical School, in Connecticut (fonte Corriere). Una donna incredibile (potrebbe essere la nostra prossima Donna nella storia).

 

Annabelle Lee