Chi ha inventato il Monopoly
Il gioco del Monopoly non fu ideato dalla casa editrice statunitense Parker Brothers, né dalla persona alla quale riconobbero i diritti d’autore.
Chi ha inventato il Monopoly
Il gioco nacque nel 1904 dall’ingegno di Elisabeth Magie, una esponente del movimento radicale americano.
Il nome originario del gioco era Landlord’s Game (Gioco del Proprietario). Le regole erano diverse, basate su uno schema duplice, avente finalità educative.
Le regole del gioco
Il gioco consisteva di due fasi.
- La prima era chiamata “Prosperità” e permetteva a ogni giocatore di guadagnare denaro tutte le volte in cui qualcun altro acquisiva una proprietà immobiliare. Con questo sistema si stabiliva una cooperazione fra tutti i giocatori. Lo scopo era quello di garantire il benessere collettivo. Bisognava collaborare in modo che il giocatore dotato di meno risorse patrimoniali potesse raddoppiarle. Se ci riusciva, tutti i partecipanti potevano dichiararsi vincenti.
- La seconda fase del gioco era denominata “Monopolio” stabiliva che i giocatori dovevano tentare di eliminarsi economicamente a vicenda. Vinceva chi guadagnava di più, attraverso lo sfruttamento delle proprietà immobiliari e della loro locazione.
Aspetti ludici ed educativi
L’idea di Elisabeth Magie era quella di insegnare ai partecipanti due strade diverse per il raggiungimento del benessere. Una meramente speculativa, basata sul cinismo tipico del capitalismo; l’altra basata sullo spirito di squadra, sull’aiuto reciproco, sulla ricerca di idee e abilità da condividere per l’ottenimento di un risultato comune.
Il successo del Monopoly e l’insuccesso di Prosperity
La casa editrice Parker Brothers eliminó del tutto la fase di “Prosperity” e non riconobbe mai i diritti di Elisabeth Magie.
L’idea della cooperazione economica per finalità sociali, tipica dei radicali di inizio secolo, era frettolosamente bollata come “comunismo”. Si trattava di un pregiudizio infondato perché, così come si poteva evincere in “Prosperity”, i radicali non volevano né eliminare la proprietà privata né stabilire regole di dirigismo economico, tipiche dei governi comunisti. Si cercava di proporre, invece, un’idea di successo condiviso che era basata sul sentimento di amicizia piuttosto che su quello di solidarietà. Le difficoltà economiche della minoranza non andavano sanate con la tassazione o con il sussidio statale, bensì con la collaborazione attiva di tutti.
Si stava meglio quando tutti stavano bene. Questo il principio.