• No products in the cart.

Le famose sconosciute: Giulia Domna – l’imperatrice filosofa

Le mature premesse

Ho deciso di farmi bello agli occhi delle mie amiche lettrici. E non solo per conquistarne le simpatie letterarie ma anche per dimostrare loro che io non nutro gli inspiegabili sentimenti di competizione e astio nei confronti del genere femminile e, anzi, non capisco proprio come sia possibile ridursi ogni volta alle solite dicotomie bianco-nero, femmina-maschio, giusto-sbagliato e radicalizzarci nelle nostre posizioni secondo la becera logica dello stadio. Il tifo non mi appartiene e non mi appassiona e troppo spesso porta ad essere ciecamente integralisti.

Da quando ho raggiunto la maturità, ahimè molto dopo il compimento del mio diciottesimo compleanno, ho deciso di rapportarmi alle persone valutandone l’animo, il carattere, l’indole, le competenze e l’acume, indipendentemente dalla loro età, dal genere di appartenenza e meno che mai dalla nazionalità. Nella speranza che anche voi riusciate a fare altrettanto, voglio raccontarvi la storia di una donna che venne dalla provincia ma non fu mai provinciale, che seppe tener testa a molti uomini potenti della sua epoca, che si distinse per la sua cultura e per le opere di mecenatismo e che poi venne ingiustamente denigrata e relegata ai margini della storia.

Le origini


Con buona pace dei “frontieristi” moderni, devo informarvi che un giorno giunse a Roma, nel pieno fulgore dell’Impero, una donna extracomunitaria. Ella seppe conquistarsi uno spazio tale da assumere un’influenza politica e culturale senza precedenti e arrivò ad avere un ruolo determinante sulle sorti del mondo a lei contemporaneo.

Nacque più o meno nel 170 d.C., ma non ne abbiamo la certezza perché sapete bene come siano sfaccendati e assenteisti gli impiegati dell’ufficio anagrafe, a Emesa, nell’odierna Siria, più o meno nella zona dell’attuale città di Homs, della quale sono certo che abbiate sentito parlare, visto che ultimamente non se la passano tanto bene da quelle parti.

Per di più la signorina era mezza africana,dal momento che la sua famiglia era di origine beduina. Ah, aveva anche un altro difetto: non era cristiana. Infatti era figlia di Bassiano (occhio a non chiamarlo Bastiano eh!), un sacerdote di Elagabalo, cioè una specie di Dio Sole da quelle parti. Suo padre, invece di tenerla chiusa in casa a rammendare calzini e a cucinare, volle regalarle il dono più prezioso che potesse ricevere: la cultura. La circondò di istitutori e la rese davvero erudita. Del resto, la ragazza era più che portata per lo studio e manifestava particolari e precoci doti retoriche. La sua formazione fu basata sui dettami della cultura classica greca, fu completata con gli studi filosofici e sfociò in una profonda passione per la letteratura.

Le circonvenzioni

Il problema era, però, che a quei tempi le donne costituivano merce di scambio e le si usava per ottenere favori politici o accordi vantaggiosi in vari ambiti, dandole in spose a chi più garbava alla famiglia. Fu così che Bastiano, pardon Bassiano, quando la fanciulla raggiunse approssimativamente l’età di quindici anni, commise un atto di circonvenzione della capace ma ingenua signorina. Le fece predire l’oroscopo da un amico fidato, uno di quelli che per dieci sesterzi ti predirebbe l’apocalisse per domani stesso se ti servisse. Durante questa divinazione venne fuori che la signorina avrebbe avuto come fausto destino quello di sposare una personalità eminente e di sangue nobile.

Subito saltò fuori dal cilindro un coniglio di razza: il signor Lucio Settimio Severo. I maliziosi potrebbero dire che i giochi erano già fatti e che costui si era già accordato con Bassiano per ottenere la mano della figlia, ma non ci sono prove in proposito.
Comunque, anche Lucio era mezzo africano, visto che era nato da padre berbero e madre nobile romana. Era diventato un pezzo grosso facendo prima l’avvocato del fisco (leggi Equitalia), poi il tribuno militare, il questore, il proconsole, il tribuno della plebe e compagnia bella. Inutile dire che Lucio se la passava talmente bene che Bassiano fu subito felice di concedergli la figlia in sposa. A proposito, non vi ho ancora detto il nome della protagonista: Giulia Domna.

Giulia Domna – Museo Archeologico Ostiense

La storia


Non sottovalutiamo inoltre il fatto che Lucio aveva ben ventiquattro anni più della fanciulla quando venne celebrato il matrimonio a Lione. Se la portò oltralpe per le nozze, non perché fosse sensibile al richiamo romantico della douce France, ma semplicemente perché a quel tempo (il 187 d.C.) era impegnato a governare quella parte delle Gallie. Pare che Lucio fosse molto attratto dalla sposina sia per le grazie femminee che la distinguevano sia per l’invidiabile e raffinata erudizione di cui ella dava prova.

Comunque, la mise subito incinta e il primo figlio fu Antonino Bassiano. Quest’ultimo divenne in seguito imperatore e, al contrario di quanto si potrebbe pensare, gli amici non presero a chiamarlo “Bastiano”, bensì “Caracalla. E francamente non credo che gli sia andata bene in proposito. Un anno dopo nacque un altro maschio: Geta.


Giulia Domna volle occuparsi personalmente dell’educazione e della formazione dei figli e, del resto, poche persone avrebbero potuto far meglio di lei nel ruolo di istitutrice. Dopo poco tempo, Lucio venne richiamato a Roma e vi si trasferì con tutta la famiglia, dunque Giulia fece il suo primo ingresso nella madre di tutte le città.

Lì però le cose si erano messe molto male: l’imperatore Commodo venne ammazzato qualche anno dopo e si scatenarono delle aspre lotte di successione. Nel 193 d.C. fu proprio Lucio a essere proclamato imperatore e dunque Giulia assunse il titolo di augusta imperatrice. Vennero anche coniate delle monete a suo nome, sulle quali erano riprodotte le sue fattezze.

Monete romane coniate con l’immagine di Giulia Domna

I coniugi imperanti dovettero però trasferirsi dapprima in Siria, ad Antiochia, per questioni politiche e successivamente nella tormentata Britannia per completare una campagna militare in corso. C’è da dire che Giulia avrebbe potuto benissimo restarsene a Roma a fare la matrona e a godersi gli agi della vita sedentaria, ma questo non era affatto nella sua indole. Era fortemente interessata agli affari politici e alle sorti dell’impero, quindi volle seguire ovunque il marito ed ebbe una parte attiva e influente sulle sue decisioni, tanto da guadagnarsi il soprannome di “mater castrorum” (madre degli accampamenti).

A un certo punto però, il signor Plauziano, consigliere dell’imperatore Lucio, si trovò in forte contrasto con le opinioni politiche di Giulia e pretese che il marito la tenesse fuori dalle decisioni amministrative e militari. Per consolarsi, Giulia formò un fervente circolo intellettuale e si dedicò al mecenatismo e alla filosofia. Si circondò di personalità eminenti nel campo della storia, della medicina e delle arti letterarie. I suoi filosofi preferiti erano i sofisti e adorava discutere con loro. I suddetti erano infatti per definizione dei gran chiacchieroni e forse è da lì che nacque il luogo comune in base al quale le donne amano tanto parlare, parlare, parlare…

Le decisioni

Poi Lucio morì e le sorti dell’impero passarono nelle mani della diarchia tra i fratelli Caracalla e Geta. Purtroppo, i figli di Giulia erano entrambi delle teste calde e non facevano altro che litigare e combinare disastri per quanto la madre cercasse di fare da paciere. Addirittura, si erano messi in testa di spartirsi in due l’impero e di andare ognuno per la sua strada.

Giulia fu molto saggia e nell’occasione mostrò un grande senso delle istituzioni, cercando di far capire a quei due ragazzini terribili l’enorme importanza di mantenere unitario il potere centrale. Poi, però, gli amici scalmanati di Caracalla uccisero Geta in una congiura e dunque toccò a Giulia assumere il potere in una insolita diarchia madre-figlio. Ecco perché ella ebbe anche i titoli di mater senatus e di mater patriae, oltre a quello di mater populi romani.

Qualche anno dopo anche Caracalla cadde vittima di una congiura e venne assassinato. Ciò causò un terribile dolore a Giulia, tanto da portarla a tentare il suicidio. Si ferì gravemente ma sopravvisse per miracolo. Il nuovo imperatore Macrino non la poteva soffrire e la mandò in esilio. Giulia morì dopo poco tempo perché rifiutava il cibo seguendo i precetti della filosofia stoica come protesta per la tirannide.
Macrino cercò di screditare la figura della ormai defunta Giulia perché si era accorto che invece ella aveva lasciato un buon ricordo nel popolo. Addirittura, arrivò a infamarla con l’accusa di aver commesso atti incestuosi con il figlio Caracalla. Purtroppo, è stato un cliché molto utilizzato nel corso della storia quello di etichettare come immorali molte delle donne che dimostravano competenze e capacità tali da poter detenere il potere politico e militare. E, in proposito, si tendeva spesso a usare l’accusa della lascivia: si pensi ad esempio alla storia di Lucrezia Borgia.

Conclusione


Gli storici del tempo descrivevano Giulia come una persona coltissima, raffinata, gioviale e sorridente. Pare che furono create delle medaglie a lei dedicate nelle quali veniva riportato il suo motto personale: Hilaritas, cioè Allegria!
Mike Bongiorno non ha inventato niente…

Nell’immagine che fa da corredo all’articolo si nota una splendida gemma che ha datazione del 210 d.C. circa. Si tratta di un raffinatissimo intaglio su acquamarina raffigurante l’imperatrice Giulia Domna. E’ un piccolo monile di soli 2,5 centimetri di altezza e 1,2 centimetri di larghezza. La maggior parte dei capelli incisi non raggiunge il millimetro di spessore.

Rosso Groviglio