Il senso di colpa
Se c’è un sentimento che ci provoca malessere, quello è il senso di colpa. Giustificato o no, è una sensazione che non ci fa vivere bene. Ci sentiamo in colpa perché abbiamo volutamente o inavvertitamente creato disagio o qualcosa di peggiore a un’altra persona.
Si può superare il senso di colpa?
Se con il nostro comportamento, che può essere superficiale o, peggio, consapevole, abbiamo danneggiato qualcuno per qualcosa che abbiamo detto, o per qualcosa che abbiamo o non abbiamo fatto a un amico, a un parente, a un conoscente o a un collega, sarà difficile liberarci da quella spiacevole sensazione di colpevolezza. Più grave sarà il torto fatto all’altro, più difficile liberarsi dal senso di colpa.
Il senso di colpa e la letteratura
Prendiamo il caso celeberrimo di “Delitto e castigo” di Fëdor Dostoevskij. Raskolnikov, il sofferente protagonista, per quasi tutto il romanzo si dorrà di questo persistente senso di colpa per aver ucciso la dolce sorella dell’usuraia.
“Una certa angoscia speciale aveva cominciato a farglisi sentire negli ultimi tempi. Essa non aveva nulla di caustico, di bruciante; ma ne spirava un non so che di continuo, di eterno, il presentimento di anni di quella fredda e assiderante angoscia senza uscita, il presentimento di non so quale eternità da passare sopra «un metro quadrato di spazio». Di solito nelle ore serali questa sensazione cominciava a torturarlo con più forza ancora.” (tratto da “Delitto e castigo” nell’analisi di Les bois des arts )
Raskolnikov uccide due donne: ma la prima è quella che lui considera un essere inutile ed anche dannoso. La sua tesi, nella sua mente tanto brillante, quanto esaltata (in cui si può riconoscere lo stesso scrittore) è che, uccidendo una persona cattiva che nuoce e rovina gli altri, non si commette errore. Anzi, si fa un favore all’intera umanità. Il suo delitto, così perfetto nella sua testa, ha dei grossi problemi fin da subito. Il più grave, ovviamente, è l’assassinio della sorella buona. La dolce Lizaveta, amata da tutti. Tutto il romanzo è basato su questa angoscia del protagonista. Ma superare una colpa così grave è di certo impresa vana. L’aiuto dell’amata Sonja porterà Raskolnikov, non a superare il senso di colpa, ma a conviverci mediante l’espiazione.
André Gide, scrittore francese, di grande intelligenza e umorismo, nei suoi libri parla di un senso di colpa che, in realtà, serve per il tornaconto dei protagonisti. Prendiamo l’esempio proprio de “L’immoralista” , in cui il personaggio principale si ammala gravemente durante un viaggio. La moglie lo cura e lo accudisce con grande misericordia e amore. Riesce a guarire, ma questa cosa gli creerà un senso di inadeguatezza che, invece di cambiarlo in meglio lo farà peggiorare progressivamente. O, come nel caso di altri libri, il riavvicinarsi alla fede cristiana, solo all’approssimarsi della morte, data la paura di finire all’Inferno. Ovvero: non ci ho mai creduto, ma, siccome sto morendo, meglio pregare. Quindi senso di colpa per proprio interesse.
Il senso di colpa e la religione
In molte religioni, specialmente quella ebraica, cristiana e islamista, si fa spesso riferimento a un senso di colpa latente nell’uomo per un peccato commesso. Addirittura, nel cristianesimo il senso di colpa nasce a monte a causa del peccato originale. Peccare è una colpa: convivere con i sensi di colpa quasi una necessità. Ovviamente cercando il modo di aiutarsi mediante l’espiazione.
Per non avere sensi di colpa dovremmo forse vivere nella perfezione assoluta non commettendo alcuno sbaglio? Essendo umani, ritengo sia qualcosa di difficile, per non dire impossibile. Anche perché si può causare un danno a qualcuno senza esserne consapevoli. Una frase detta che può ferire; una confidenza che, per superficialità, abbiamo divulgato; una piccola bugia detta per diplomazia. Tante cose possono creare malessere. La sensazione di inadeguatezza o di avere fatto un torto a qualcuno esiste ed esisterà sempre. Ma si dovrebbe semplicemente conviverci per trasformare quel sentimento in qualcosa di positivo e non per sguazzarci e deprimerci per un errore fatto.
Roberta Jannetti