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“Jane Eyre” di Charlotte Brontë – trama e recensione

“Jane Eyre” è uno dei romanzi più famosi al mondo e ha ispirato tantissimi altri autori a scriverne altri (milioni di altri) la cui spina dorsale è imbevuta del fascino di una storia d’amore così originale. Nessuno, tuttavia, è riuscito mai a eguagliare un libro così intenso e completo. Si tratta di un racconto che è necessario contestualizzare e annoverare tra quelle di spicco dell’epoca vittoriana, un periodo di grandi rivoluzioni economiche e sociali, l’inizio di quella che sarà la maggiore espansione territoriale dopo l’impero romano: quella inglese. In più, giusto per essere del tutto preparati di fronte a una narrazione così sublime e ricca, non guasterebbe nemmeno conoscere la storia delle sorelle Brontë.

Ambientazione temporale di “Jane Eyre”

L’epoca in cui la maggiore delle sorelle Brontë ha prodotto “Jane Eyre” è quella vittoriana, quella della rivoluzione industriale, più precisamente quella della prima metà dell’ottocento, anche se nel suo volgere al termine. Un periodo caratterizzato da un crescente modernismo, dall’abbandono – seppur graduale – di un Razionalismo e di un prolungamento di quel Romanticismo quasi in estinzione; anche se mai svanito del tutto; anzi, si può affermare con certezza che “Jane Eyre” ne è intriso in modo prevalente, a partire dalla narrazione in prima persona a opera della stessa protagonista. Si tratta del Romanticismo, quello vero, che nulla ha a che vedere con i romance attuali e che ha più a che fare con l’invenzione, con il raccontare fatti “reali”, per così dire, visto il loro prendere spunto dal vissuto dell’autrice ed essere arricchiti di fantasia, in modo da rendere più accettabile quella parte di realtà a cui sono ispirati. Come denuncia, a volte, e come evasione, in altre. Un veicolo per poter dare risalto a quel lato “bello” della vita, che si sente necessario, ma che è sempre vessato, proibito, punito da mentalità e secondo regole troppo rigide. Un modo, forse l’unico conosciuto e permesso – quello della scrittura, sebbene spesso sottoposta a censura –, per ribellarsi e ricucire un vestito troppo stretto, soprattutto per la donna, ma non solo. Così facendo, si vestiva la realtà circostante con abiti creati su misura per la felicità tanto anelata, sempre repressa, perché frutto di azioni deplorevoli (per l’epoca, si intende) in una società in cui le regole soffocano la natura e guidano con forza bruta l’agire quotidiano. Non a caso, questo magnifico romanzo rientra appieno in questa categoria, ma è molto di più. La scrittura delle sorelle Brontë è un’innovazione , per certi versi, unica nel suo genere. Sebbene qui, Charlotte, sia più incline al rispetto delle regole sociali e offra una velata ribellione, fatta di piccoli gesti e introspezione profonda, Emily fu più audace: non diede pace ai suoi personaggi e costruì la loro distruzioni sulle orme di una passione travolgente e completamente rifiutata all’epoca in cui entrambi i romanzi furono scritti. Soprattutto se consideriamo che furono scritti da donne, folli donne ribelli, che hanno osato sfidare il mondo a suon di parole. Entrambi i testi vennero pubblicati sotto falso nome, maschile ovviamente, ma tale artificio perse presto valore, dando risalto alle delicate mani di chi non avrebbe mai potuto esprimere se stessa così apertamente.

Prima edizione di “Jane Eyre”

Chi erano le sorelle Brontë

Charlotte è la terza di sei fratelli, la maggiore delle Brontë conosciute, tutte figlie di un pastore e cresciute sotto un forte spirito religioso. Come il padre anche Charlotte, Emily e Anne diverranno scrittrici. Charlotte ha trascorso un periodo in un istituto religioso, non solo per la dipartita prematura dei genitori, ma anche perché figlie di un ecclesiatico . Le condizioni di vita disumane dell’istituto, narrate nel romanzo, sono lo specchio di quelle reali vissute dall’autrice e dalle sorelle – non tutte – e che tolsero la vita alle due maggiori.

Le sorelle Brontë dipinte dal fratello Patrick

I temi del romanzo

La  Brontë infatti denuncia – senza farlo apertamente – alcune problematiche dell’epoca, sicuramente legate alla condizione di donna, ma non solo. E lo fa creando un personaggio, quello di Jane Eyre, mite e ribelle allo stesso tempo, forte e determinato nelle sue scelte di vita e nel suo modo di reagire a situazioni ingiuste e crudeli. Jane è una donna forte, ligia alla morale seppur passionale nel suo agire, non si lascia sottomettere e nemmeno si ribella in modo schietto, ma tiene alta la testa e, come un giunco al vento, sa resistere alle intemperie della vita senza spezzarsi. La sua indole è solida, come lo sono i suoi sogni, che non soffoca nella notte, ma che vive fin nelle ossa, fino a stare male fisicamente, a volte con eccessivo pudore, altre con altrettanta insistenza.

“Il sentimento senza il criterio è una bevanda scipita; ma il criterio non temperato dal sentimento è un boccone troppo amaro e troppo aspro perché l’uomo possa inghiottirlo.”

L’evoluzione della protagonista è narrata con dolcezza, rimanendo nei limiti di quei binari in cui “il lecito” ne è lo scheletro portante. La penna sottopone il personaggio a numerose prove, che vengono superate di volta in volta con una evoluzione intima dello stesso e nell’osservanza del vivere sociale dell’epoca, non nasconde quindi la sua natura, non la soffoca e, anzi, la rispetta e riesce a modellarla sui criteri dell’epoca vissuta. Una ribellione silente e tenace, un mutamento consapevole e razionale, seppur dettato dall’istinto di un cuore che brama libertà.

Incisione di Fritz Eichenberg dal libro “Jane Eyre” di Charlotte Brontë pubblicato da Random House New York nel 1943

“Jane Eyre” è un romanzo di formazione in cui la protagonista, nonché voce narrante che si rivolge  direttamente al lettore, racconta la sua storia, senza particolari orpelli lirici, con descrizioni minuziose e mai noiose, fedeli serve della storia stessa, delle vicende che portano la Eyre a compiere scelte azzardate, in un’epoca che lasciava ben poco margine di azione alle donne; soprattutto a donne poco avvenenti e troppo schiette, donne povere e perciò doppiamente schiave del sistema. L’azzardo, tuttavia, non è sinonimo di eccesso, più di stranezza, peculiarità e originalità. Ciò che affascina in Eyre non è l’aspetto, ma l’animo; e credo volesse essere questo l’intento dell’autrice.

Un’altra regola spezzata.

I personaggi di “Jane Eyre”

Sebbene Jane sia la protagonista di questo romanzo, bisogna dirlo, ogni altro personaggio con il quale entra in contatto è costruito in modo tale da delineare maggiormente le caratteristiche proprie della protagonista. La zia, perfida borghese, che riconosce nella nipote sgradita una forza d’animo tenace e che vuole a tutti i costi spezzare (valore e colpa e relativa punizione). Le amicizie, nate e cresciute nel collegio nel quale è costretta a vivere per molti anni, che le consentiranno di preservare la parte buona del suo essere, così come le inimicizie e le angherie di chi la vuole spezzare o plasmare allo stesso modo della zia e che – contrapposte alle prime – le permetteranno di fortificare se stessa e il proprio temerario carattere (anche qui un valore che diventa colpa e che da colpa diventa punizione e da punizione punto di forza).

“Faccio una netta distinzione tra il peccatore e il suo peccato: posso sinceramente perdonare al primo, mentre aborro il secondo; con questa fede la vendetta non mi opprime il cuore.”

E, alla fine, c’è lui, Mr. Rochester: non un amico né un nemico, un connubio perfetto dei due lati dell’animo umano; un uomo a tratti crudele, egoista fino all’inverosimile e, come la nostra Jane, tenace e passionale, ma in modi totalmente differenti. Mentre l’una rimane mite, incanalando forza e passione nella direzione più razionale della vita, l’altro dà sfogo di sé in modo impulsivo e irrazionale, con il fine ultimo di soddisfare le proprie necessità personali, tra le quali c’è, inevitabilmente, l’amore. Su questo ultimo punto, l’autrice è stata magistrale, riuscendo a diversificare due animi di due persone essenzialmente uguali: Jane è bruttina nell’aspetto, determinata nel carattere e coraggiosa nell’agire; mai amata, cerca l’amore vero con grinta ed egoismo, ma con un rispetto quasi reverenziale. Rochester è ugualmente poco affascinante, risoluto e con un carattere dominante, impavido e testardo, estremamente egocentrico nel suo agire. Entrambi hanno sofferto una esistenza travagliata, con dolori che li hanno segnati nel profondo dell’animo, solo che lei si è elevata, quasi cristallizzando se stessa e lui, invece, si è inferocito nei confronti della vita stessa, cercando vendetta con la stessa furia con la quale cerca disperatamente l’amore, l’unico sentimento in grado di guarire e di rendere loro giustizia.

Di portare requie a vite frantumate, quasi nate indegne, eppure meritevoli di pace.

La trama di “Jane Eyre”

La trama è ormai ben nota a tutti, tra libri e film, credo ci si ben poco da aggiungere, è nel suo dispiegarsi di fronte agli occhi attenti del lettore che trova, tuttavia, la sua massima espressione. Vivere la narrazione seguendo il sentiero tracciato dall’autrice, rende questo romanzo degno della sua fama. Ogni scelta che Charlotte Brontë opta, sia a livello stilistico che di trama, ha un suo preciso scopo nell’evolversi delle varie vicissitudini. Si tratta di un foglio sgualcito dall’uso e dagli anni, che si dispiega sotto le agili dita di un restauratore; e ogni restauratore è un lettore attento, con la mente immersa nel periodo storico e il cuore intriso della forza dirompente della tragedia in atto. Al finale spetta un compito molto arduo, poiché, sebbene in molti ne percepiscano i tratti positivi, in realtà non credo fosse questo l’intento dell’autrice, come non lo è della vita, che quasi mai ci dona ciò che desideriamo. Non c’è redenzione nel burbero Rochester e non c’è sollievo della tormentata Jane, di sicuro c’è un incontro di anime da sempre destinate l’una all’altra, però non come avrebbe dovuto essere; ed è qui che la storia sublima l’epoca in cui fu scritta. Tolti gli impedimenti morali, puniti i principali attori affinché espiassero i propri peccati, ecco – solo alla fine – si dà loro ciò che hanno cercato e per il quale hanno lottato tutta una vita: l’amore. La punizione cristiana è stata compiuta, l’animo della scrittice ha pace poiché è riuscita a rispettare la cultura ecclesiastica che ha vissuto lei stessa e che, ancora oggi, tende a influenzare.

Incisione di Fritz Eichenberg dal libro “Jane Eyre” di Charlotte Brontë pubblicato da Random House New York nel 1943

Charlotte  Brontë ha dato al racconto una direzione in linea con i principi dell’epoca, ma ha saputo dare voce anche a quell’avversione per la morigeratezza e il sopruso ai quali le donne erano – più largamente degli uomini – sottoposte. Ha saputo portare la sua epoca su carta, ha voluto donarle l’eternità, ma l’ha personalizzata, affinché prendesse le sfumature che lei stessa avrebbe voluto vivere.

E forse, chissà, magari ha narrato di se stessa, inventandone solo il finale.

 

Giorgia Golfetto