
Il mare nella letteratura
Con l’arrivo dell’estate, il popolo vacanziero si divide generalmente in due macro-gruppi: gli amanti del mare e gli amanti della montagna. C’è anche chi predilige il lago, la collina oppure la città, così come chi, subendo il fascino degli orizzonti aperti, non preclude comunque l’apprezzare di svettanti cime più o meno innevate. Eppure…
Il fascino del mare
Eppure, c’è una malia indefinita che avvolge epoche, uomini e stagioni, un perenne richiamo verso l’assenza di confini (nel senso figurato, sia chiaro: che mondo sarebbe il mondo senza la cortina di ferro, il muro di Berlino, il muro di Trump, i porti chiusi. Aah, i porti chiusi – ossimoro lapalissiano di altissimo livello).
Che questa attrazione nasca da un ancestrale amore per le divine decisioni del secondo giorno, da un’altrettanta antica reminiscenza evolutiva dal mondo dei pesci o, più semplicemente, da un dolce cullare amniotico, non saprei. Quello che so è che il mare diffonde un magnetismo potentissimo e tanto affascinante, oggi contrastato forse solo da un altro potente elemento: il tempo. O la mancanza di esso. Il tempo è un elemento fondamentale per potersi lasciare ammaliare dal mare, che ha bisogno di essere a lungo respirato, ascoltato, vissuto. Quello che poi dà in cambio è senza prezzo.
“Ogni volta che mi ritrovo sulla bocca una smorfia amara; ogni volta che nell’animo ho un novembre umido e stillante; quando mi sorprendo a sostare senza volerlo davanti ai magazzini di casse da morto, o ad accodarmi a tutti i funerali che incontro; e soprattutto quando l’ipocondrio riesce a dominarmi tanto, che solo un principio morale può impedirmi di uscire deciso per strada e mettermi metodicamente a gettare in terra il cappello alla gente, allora mi rendo conto che è tempo di mettermi in mare al più presto: questo è il mio surrogato della pistola e della pallottola.”
Herman Melville – Moby Dick
Il mare nella letteratura
Molte sono le opere letterarie che hanno come personaggio principale il mare. Sì, perché il mare parla, agisce, ama o si ribella. Infatti è molto più attivo di certi personaggi (reali o immaginari) che a tutti noi è capitato di incontrare. Amico, nemico, amorevole amante, vecchio saggio, distruttore e creatore, distruttivo e creativo, oracolo o domanda, il mare è questo e altro ancora.
Il mare psicologo
Non potevamo iniziare l’incursione nel mondo della letteratura che parla di mare se non con il sopra citato Moby Dick, un classico stupefacente su cui si potrebbe ribattere ricordando che, magari, il personaggio principale è quello del titolo (per chi non lo conosce, a breve un riassunto del romanzo – sto ancora cercando di finirlo, so già che morirà. Ops). Invece non sono d’accordo con tale rimostranza: Moby Dick è un libro che ha semplicemente il mare dentro. Un mare che contiene anche balene, Achab vari e più o meno problematici, baleniere, ramponieri e altra gente allegra, un mare che lega continenti e che fa sembrare piccolo il mondo. Ma per Ismaele, la voce narrante della storia, il mare è soprattutto un imbattibile psicologo, forse addirittura psichiatra: risolve il suo male di vivere. Non senza farsi pagare, però :
“Considerateli tutti e due, il mare e la terra, e non scoprite una strana analogia con qualche cosa in voi stessi? Perché come questo oceano spaventoso circonda la terra verdeggiante, così nell’anima dell’uomo c’è un insulare Tahiti, piena di pace e di gioia, ma circondata da tutti gli orrori di questa semisconosciuta vita. Vi protegga Iddio! Non vi spingete al largo da quell’isola; potreste non tornare più.”
Herman Melville – Moby Dick
Il mare stregone
La storia a cui mi riferisco è La linea d’ombra di Joseph Conrad. Anche se in questo caso la memoria rimanda immediatamente a Cuore di Tenebra, titolo molto più famoso dello stesso autore – un mare epico fa anche qui protagonista nel riflettere le contraddizioni dei personaggi –, eppure è di quest’altro racconto che vi vorrei parlare. La linea d’ombra è una storia breve e semplice, intrisa da misticismo al contempo. Misticismo che l’autore nega completamente, ma io sono un semplice lettore, parlo dunque di quello che capisco. Un giovane capitano prende servizio su una nave pronta a salpare da qualche esotico porto, peccato che non riesca a farlo davvero. Come incatenata sull’acqua, per due settimane la nave resta prigioniera in uno specchio di mare, un mare immobile, privo di qualsiasi energia. Che si tratti di paure che bloccano la nostra crescita, di paradigmi mentali che ci legano al nostro porto sicuro o che sia soltanto un mare non sfiorato da venti, La linea d’ombra è il perfetto esempio di come poter soffocare in mare aperto.
Il mare destino
Nel lungo racconto di Hemingway, Il vecchio e il mare, troviamo il mare come casa, come destino di vita. La storia è conosciuta: il vecchio pescatore non prende neanche un pesce, ma continua a uscire in mare. La storia della vita, praticamente: nonostante i fallimenti, si continua a vivere. Non c’è altro orizzonte che il mare, non c’è altra vita che la vita. Da queste parti, s’intende, per il resto sono comunque speculazioni.
Il mare mistero
Un classico della letteratura d’avventura, Ventimila leghe sotto i mari di Jules Vernes, non può che parlare di mare, però da un altro punto di vista. Infatti siamo negli abissi della coscienza: scopriamo foreste misteriose, creature mai viste, la perduta Atlantide addirittura. Un mondo fatto da tanti mondi, esattamente come l’animo umano. E, visto che siamo in tema di umano, si sa: l’esplorazione dell’io dopo un po’ stufa, meglio evadere quindi e tornare più prosaicamente a terra. Ah, non vi spaventate, questa è solo una chiave di lettura (presumibilmente sbagliata), la storia è davvero una bellissima avventura di mistero sotto marino.
Il mare viaggio
Ulisse non è un personaggio che mi sia particolarmente simpatico: in pratica è la quintessenza di “esco a prendere le sigarette” e torna vent’anni dopo. Stiamo parlando dell’Odissea di Omero, a cui però non faccio una colpa. Lo capisco: voleva creare un personaggio senza macchia, un coraggioso eroe che solca i mari alla ricerca di non ho compreso bene cosa. Non è colpa sua se Ulisse non si mostra all’altezza: d’altronde da uno che esce di casa per tornare dopo vent’anni non si può aspettare troppo. Infatti gira ubriaco in compagnia di cani e porci, frequenta bordelli (pardon, sirene) e non perde occasione di fare a botte con ciclopi a caso. Insomma: il classico marinaio poco raccomandabile che anche di navigazione capisce poco, visto quanto ci mette per trovare la rotta di casa. Torna vecchio e stanco e per poco non finisce disconosciuto dalla propria famiglia. Per capire che, forse, la famiglia era l’unica cosa che contasse davvero.
Il mare scuola
Torniamo sempre lì: il mare come metafora della vita, come insegnante di vita. Rudyard Kipling ne parla in Capitani coraggiosi, bellissimo romanzo di formazione in cui un giovane ragazzo che ha tutto dalla vita ne impara il valore. E cosa c’è di meglio che farlo cadere in mare e salvarlo da una barca di rudi pescatori per insegnarli tutto questo? Il faticoso lavoro, la bellezza dei rapporti umani, il valore delle piccole gioie: queste le lezioni imparate dal ragazzo, lezioni delle quali non ci farebbe male un ripasso.
Classici e non solo
Il mare è presente in tantissimi altri romanzi anche più moderni, prova tangibile del suo fascino davvero senza tempo. Da Baricco a Fabio Genovesi, passando per i mari nordici di Björn Larsson e Jón Kalman Stefánsson (per citarne solo alcuni), arriviamo a La scia delle balene di Francisco Coloane oppure a Banana Yoshimoto con Il coperchio del mare.
C’è un mare di libri da leggere, così come c’è un mare da scoprire in ognuno di noi.
Conclusioni
“Oltre tutte le montagne che chiudevano i miei orizzonti non vedevo altro che mare.”
Annabelle Lee
Nella stessa serie: