
La storia di un uovo qualunque
Ciao. Sono un uovo. No, non correte alle conclusioni: non sono l’uovo. Né quello di Colombo, né tanto meno quello prima della gallina. Questione ancora in ballo, quest’ultima, a quanto mi dicono. No, niente di tutto questo. Sono un semplice uovo qualunque.
I significati dell’uovo attraverso i secoli
Lungo i secoli, ma che dico, lungo i millenni, mi hanno attribuito vari significati, alcuni profondissimi e molto oltre la mia comprensione. Certe culture pagane vedevano in me l’unione fra il cielo e la terra, gli egizi addirittura i quattro elementi dell’Universo (ardito compito, essendo io composto solo da due), i persiani festeggiavano la primavera scambiandosi le uova in dono, Mircea Eliade mi definì cosmogonico e, generalmente, si è sempre parlato bene di me.
“Vedete quest’uovo? Con quest’uovo si rovesciano tutte le scuole di teologia e tutti i templi della terra.”
Denis Diderot
Ovviamente non so a cosa si riferisse Diderot con questa frase, suppongo che si fosse semplicemente scordato di aggiungere “se costruite sopra”, in quanto è nota a tutti la mia forma non esattamente stabile.
L’uovo e la Pasqua
Non si può parlare di me – tranne per la frittata – senza immediati riferimenti pasquali. Anche qui, è una vecchia storia. Pare che i primi cristiani nella Mesopotamia avessero preso l’abitudine di tingermi di rosso, nel ricordo del sangue di Cristo. I racconti sono confusi al riguardo: c’è chi dice che Maria Maddalena piangente avesse appoggiato un cesto di uova bollite ai piedi della croce e il sangue di Cristo ci fosse caduto sopra, c’è chi invece ricorda che la stessa, andata sulla tomba di Cristo, abbia notato che le uova nella sua cesta da picnic fossero diventate rosse appena saputo che Cristo era risorto. Altro ricordo – il mio prediletto, nonostante non fossi presente – è quello di Maria che, andata dall’imperatore romano dopo la resurrezione (non so se per congratularsi con lui o per ridergli in faccia), esordì con: “È risorto!”. Beffardo, l’imperatore indicò un uovo che incidentalmente soggiornava sul suo tavolo: “Cristo è risorto così come questo uovo è rosso!”. Per stizza, l’uovo diventò rosso all’istante. Tiè.
Dalla Mesopotamia, la tradizione delle uova pasquali arrivò in Russia e poi in Grecia, luoghi di ortodossissima fede, per passare al cattolicesimo in veste più leggera, fino ad arrivare a quello che oggi conoscono tutti: un uovo di cioccolata portato da un coniglio. Mi perdonerete se non mi soffermo sulla coerenza.
L’uovo e la tradizione decorativa
Oltre 60.000 anni fa, in Africa già dipingevano e incidevano le uova di struzzo (notoriamente più idonee a questo tipo di attività), mentre i sumeri e gli antichi egizi rivestivano d’oro le uova che posavano nelle tombe in segno di resurrezione, tradizioni che hanno successivamente influenzato le culture islamiche e cristiane di quei luoghi.
Colorare le uova è una tradizione che si è conservata fino ai giorni nostri, anche se sono cambiati sia i metodi che le ragioni per farlo. In certe parti dell’Inghilterra si colorano le uova in colori pastello, per poi usarle in vari giochi come la caccia all’uovo.
Nell’Est e Centro Europa la tradizione resta legata alla religione, dipingendo le uova di rosso per richiamare il sangue di Cristo.
Il colore per tingere le uova si otteneva attraverso la lunga bollitura delle bucce di cipolla rossa, mentre le uova più elaborate presentavano disegni ottenuti utilizzando fiori o foglie dalla forma particolare. Ancor più difficili le realizzazioni di disegni a mano, usando la cera fusa per disegnare la buccia d’uovo prima della tintura con pigmenti naturali. Oggi si fa prima: tinte chimiche e via! Mentre invece resta inalterata la tradizione di far scontrare due uova con l’augurio di “Cristo è risorto!” e la risposta “Davvero lo è!” (si vuole evitare la figuraccia dell’imperatore) il mattino di Pasqua.
In Libano decorano le uova e le espongono in casa, in Germania hanno un albero delle uova in cui appendono uova colorate, insomma: ogni posto ha una sua tradizione decorativa. Eppure non si può parlare di uova decorate senza parlare di Fabergé, che di questo ha fatto un’arte.
Peter Carl Fabergé è un orafo per l’omonima casa russa che, dal 1885, inizia a produrre una serie di uova di rara bellezza. Il primo, che lo zar Alessandro III di Russia richiede come dono di Pasqua (e tutto torna) per la moglie, è un capolavoro di ori, smalti e pietre preziose. Come una matrioska, l’uovo racchiude al suo interno un tuorlo d’uovo che, a sua volta racchiude una gallinella che contiene una miniatura della corona imperiale contenente un rubino a forma di piccolissimo uovo.

Esempio di uovo Fabergé
Inutile dirlo, il successo è assicurato, la casa orafa ne produce oltre 52 esemplari lungo il tempo, tutti in prossimità delle feste pasquali, tutti veri capolavori. Se vi capitasse mai la possibilità di vederne uno, non fatevela scappare: non sono come me, semplici uova qualunque.
Le conclusioni di un uovo qualunque
Tutta questa premessa per dire cosa? Per dire che il mondo cambia, le tradizioni pure, i valori possono essere interpretati o reinterpretati, ma una cosa resta sempre la stessa: io.
Io, uovo qualunque, lungo la storia sono sempre uguale a me stesso. Non devo nascere, perché già sono, non devo trasformarmi, perché ho in me il cambiamento, non devo diventare gallina per essere uovo. Semplice, come quello di Colombo. Ora l’ho capita.
Annabelle Lee