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Le fatiche della piccola editoria

Io e la mia socia abbiamo deciso di dare una svolta decisiva all’attività della nostra casa editrice: renderla economicamente feconda! Orbene, risponderete, dovrebbe essere l’obiettivo di tutte le imprese. Vero. Tuttavia, noi, in questi anni, abbiamo lasciato che l’obiettivo riposasse sulle ali dell’idealismo, ma quel tappeto magico molto prosaicamente si è rivelato un drappo bisognoso di carburante fatto di tempo, denaro, impegno diretto e visione del futuro. Gliene abbiamo riservato troppo poco.
Quindi, è giunto il momento di adeguarsi alla realtà e percorrere vie sì idealiste ma anche realiste.

La prima cosa che abbiamo valutato è stato il cambiamento del distributore: quello di cui ci siamo servite in questi due anni non ci ha soddisfatte. Alla fine di tale periodo di collaborazione, abbiamo scoperto di aver venduto qualche migliaio di euro di libri solo per la gloria. Di quei “qualche migliaio di euro” è rimasto davvero poco.
Ne abbiamo vagliati altri: non difettando di autoconsapevolezza, abbiamo saltato i primi due (ex tre/quattro: questi ultimi dieci anni hanno visto una significativa serie di fusioni) in Italia, e contattato quelli immediatamente successivi.
Ecco i risultati (non farò nomi): il terzo in importanza nazionale ci ha risposto picche, ma lo ha fatto con una grazia e una proattività (e una magnifica inflessione emiliano-romagnola) che non dimenticherò: veramente un interlocutore prezioso, onesto ed esaustivo. Perché ci ha detto “no”? Perché il loro servizio include anche la promozione, quella reale, quella che porta una loro persona in carne e ossa nelle librerie a promuovere i propri clienti (le case editrici), e se case editrici come Mondadori, per dirne una, non hanno bisogno di niente per farsi presentare poiché basta il nome, le piccolissime devono essere riconoscibili da una identità specifica: romantiche o horror, esoteriche o scientifiche, fantasy o neorealiste: l’importante è essere “quello”; fondamentale è non mischiare i generi. Determinante è avere un’etichetta in fronte.

Bene: noi lo sapevamo. Lo sapevamo fin dall’inizio che buttarsi nell’oceano rosso ci avrebbe reso sardine anche se ci sentivamo Moby Dick. Ma l’altro oceano del marketing, quello azzurro, in cui la sardina è sempre sardina ma almeno combatte alla pari con altre sardine per trasformarsi in balena, non ci piace, perché noi un’identità l’abbiamo ed è forte e chiara; tuttavia non è incasellabile. Non è catalogabile. Non è omologabile.
La nostra identità è la ricerca del bello. Del buono. E del vero. E non ha colori di marketing oceanici da seguire, ma ideali. E in genere gli ideali volano alto (e torniamo al punto di partenza).

Come ci muoveremo? Perseverando nella ricerca del bello, del buono e del vero, scegliendo autori magari sconosciuti ma formidabili e coerenti con il nostro anelito, come tutti quelli che ci hanno affiancato in questo percorso, e utilizzando gli stessi strumenti dei “catalogatori”. Promozione, segnalazioni alle grandi catene e alle librerie indipendenti, presenza su tutte le piattaforme e-commerce.
Non è schizofrenia, è creatività. È utilizzo degli elementi dell’ostacolo come opportunità di cambiamento e di crescita.
Opereremo affinché Entheos venga conosciuta per l’entusiasmo che dona a ogni suo singolo libro, e non per essere un’etichetta su un contenitore. E lo faremo collaborando con un nuovo distributore che è disposto a presentarci per quello che siamo: una piccola casa editrice che sogna in grande e che ha come mission portare bellezza nelle parole, con un sorriso o una lacrima o un’espressione di soddisfatta sorpresa. Non generi, ma “libro”, ogni volta. Bello. Perché se è bello è vero. E se è bello è buono.
Certo, sappiamo benissimo che l’educazione alla bellezza è stata stravolta da modelli artificiali, a partire dall’intelligenza. A volte appare bello ciò che bello non è, poiché privo di quella luce di verità che svela, illuminandolo, il senso delle cose. Accade perché le coscienze sono mediaticamente martellate da quei modelli. E non parlo solo di chirurgia estetica, parlo soprattutto dello snaturamento del valore “bellezza” attraverso modelli umani violenti, ignoranti, volgari. Inutili, se non dannosi; parlo della mercificazione dei corpi e delle anime.
Lo sappiamo, altro che sì: Entheos è nata esattamente per contrastare questa manipolazione maligna del concetto di bellezza, manipolazione che vuole fare lo sgambetto all’evoluzione umana.
E allora fateci gli auguri, perché stiamo creando un’etichetta grande come il cuore: “Qui dentro c’è Bellezza”.

 

Loredana Conti