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Madame Bovary di Gustave Flaubert – trama e riassunto

Riassunto semiserio: Madame Bovary

Pur non riscuotendo grandi simpatie come personaggio (men che meno le mie), Madame Bovary è uno dei capisaldi della letteratura mondiale, uno di quei titoli da leggere almeno una volta nella vita. E, se come me, lo avete fatto di fretta, in una lontana gioventù, di certo non vi pentirete a rileggerlo. Questa infatti la ragione per cui sono riuscita ad andare oltre il personaggio e apprezzare il cosiddetto realismo del libro, completamente sfumato a una prima lettura. D’altronde, la prima volta non ero riuscita a capacitarmi dalla totale vacuità del nostro personaggio, perdendomi dunque la mirabile scrittura di Flaubert, nonché la sua sublime attenzione nella scelta delle parole.

Dove, quando e cosa

Provincia francese, vicino a Rouen, intorno al 1840. Ambientazione tranquilla fra piccoli paesi di campagna quasi bucolici oserei dire – frenata solo dai conoscitori di Flaubert che interpretano le sue ambientazioni come aperte critiche al provincialismo e alla classe medio-borghese, un altro insulto alla società. Per dirla tutta, mi sono sorpresa non di rado a invidiare un poco il placido scorrere delle stagioni, le colline verdeggianti nel morbido levar del sole, i profumi portati dal vento e i suoni della natura.

“A volte si alzava un vento a raffiche, brezze marine che, superando d’un balzo tutta la pianura della regione di Caux, portavano molto addentro nelle campagne una frescura salmastra. Rasoterra fischiavano fra i giunchi, rumoreggiavano con un rapido fruscio fra le foglie dei faggi, mentre le cime di questi alberi continuavano il loro maestoso mormorio dondolandosi senza posa.”

Come vi dicevo, tanto male non era. Ed è qui che la nostra Emma Bovary trova il suo tormento e la sua fine. Il pensiero fugge ad Anna Karenina, altra indimenticabile eroina dal simile finale, eppure fra le due ci sono abissi invalicabili, non solo per estrazione sociale o per ambiente – una rammenda calzini aspettando che il marito rincasi, l’altra pasteggia a caviale e champagne nei palazzi pietroburghesi fra la più fine nobiltà. Che poi, quello che ha la seconda è esattamente quel che sogna la prima, eppure il finale non cambia. A quanto pare, l’insoddisfazione nasce sempre dal nostro profondo, non da chi o cosa ci circonda. Siamo noi, dunque, insoddisfacenti? Ma torniamo al libro.

Chi è chi?

  • Charles Bovary, medico di campagna diventato tale per accontentare la madre e non per doti proprie, consapevole dei propri limiti, s’impegna al suo meglio per portare a casa la pagnotta. Di gusti semplici e fondamentalmente un buon uomo (nonostante lo sforzo dell’autore di renderlo inutile), sbaglia solo nel scegliersi la moglie. Per due volte. Ma, per consolarci, non è il primo e non sarà l’ultimo. Bonaccione.
  • Emma Bovary, seconda moglie di Charles, inizialmente non lascia trasparire nulla sul suo carattere volubile e sulla smania di romanticismo portato all’estremo. Graziosissima giovane, sboccia in una bellissima donna dalla figura delicata e sensuale al contempo, tratti fisici sprecati per la campagna – come lei stessa pensa. Legge libri d’amore e sogna di vivere in uno di essi. Eterna sognatrice.

“Non parlavano che di amore, di amanti e di innamorate, dame perseguitate che scomparivano in padiglioni fuori mano, postiglioni uccisi a ogni tappa, cavalli sfiancati in tutte le pagine, foreste tenebrose, cuori in tormento, giuramenti, singhiozzi, lacrime e baci, barche al chiaro di luna, usignoli nei boschetti, cavalieri coraggiosi come leoni, mansueti come agnelli, e virtuosi come nessuno, sempre ben vestiti e malinconici come sepolcri.”

  • Léon Dupuis. Giovane impacciato, condivide con Emma la sua passione per il romanticismo e le dolci letture – da un diverso punto di vista, suppongo –, quindi si innamora di lei. Smidollato.
  • Rodolphe Boulanger. Rozzo benestante travestito da dongiovanni, mira alle grazie di Emma da quando le posa gli occhi addosso. Gioca tutte le sue carte affinché la preda sia sua, incarnando tutto quello che lei aborre in un uomo. Ma, lo abbiamo detto: lei vive sognando, e per sognare si tengono gli occhi chiusi. Viscido.
  • Monsieur Homais. Personaggio non fondamentale alla storia (non alla nostra, perlomeno), raffigura la caricatura della classe medio-borghese che tanto disprezza Flaubert. Attentissimo alle apparenze, pronto a salvarsi la faccia in ogni occasione, aspira alla Legion d’Onore senza meritarla, finto perbenista: possiede insomma tutte le qualità tanto care a molti di noi ancora oggi. Opportunista.
  • Monsieur Lheureux. Commerciante sciacallo, usuraio all’occorrenza, il classico tipo che campa sulle debolezze altrui. Carogna.

Chi fa cosa

È presto detto: Bovary corre a destra e a manca per sistemare ammalati come meglio può, mentre la moglie, dopo una festa in un castello nelle vicinanze, sospira, passeggia afflitta, soffre pene immaginarie, odia la campagna, disprezza il marito, domandandosi perché lo abbia sposato. Ma, soprattuto, langue. Talmente da far venire il latte alle ginocchia al lettore e un colpo al marito che, preoccupato, deve abbandonare il ridente paesino in cui si stava costruendo un nome, per trasferirsi a Yonville.

Il cambiamento d’aria giova a Emma, che partorisce una bimba e sembra più serena. Specie da quando passa il tempo con il giovane Léon, con cui condivide il disprezzo per la vita di campagna e l’amore per la bella vita e i fasti parigini. Fasti che entrambi sognano soltanto, non avendoli mai vissuti.

Ma Lèon, non vedendo un futuro oltre al romantico blaterare con Emma, va a studiare a Parigi, abbandonando così la campagna e la dama sofferente. Che, tanto per cambiare, cade nuovamente in uno stato di prostrazione davvero avvilente, obbligando il marito (l’unico sano in tutta la faccenda) a preoccuparsi a più non posso.

Indovinate, però: rinsavisce appena Rodolphe inizia a ronzarle intorno, corteggiandola incessantemente con gesti e frasi da infimi romanzi rosa:

“Non vuole convincersi che vive nella mia anima come una madonna, su un piedistallo ben alto, solido e immacolato. Ma ho bisogno di lei per vivere. Ho bisogno di guardare i suoi occhi, di ascoltare la sua voce, di sapere che qualche volta pensa a me. Perché non vuole essere mia amica, mia sorella, il mio angelo?”

A questo punto io russavo oramai da dieci minuti, si capisce però che per Emma le sue parole sono miele colato. Andata, convinta. La donna inizia quindi una passionale storia d’amore con Rodolphe, che per un pò riesce a stare al passo, ma accontentare una che non si accontenta mai è davvero impossibile. A Emma infatti la storia non basta più, per non parlare della gente che inizia a mormorare. Fuggiamo insieme.

L’idea sembra buona: Emma inizia a spendere soldi che non ha per acquistare vesti e tappeti, pizzi e bauli, nastri e tendaggi; tutto per il viaggio, tutto per la nuova vita. Di nascosto dal marito, s’indebita fino al collo, incurante di ogni buon senso. La sera prima della fuga, Rodolphe le manda una lettera in cui le confessa di essere un codardo, lui voleva solo divertirsi, non intende fuggire con lei. Ah, sono parole mie, ma ci arriva pure lei a capirlo.

La storia si ripete: Emma cade malata, per mesi vaneggia in preda alla disperazione, il marito fa di tutto per lei, senza nulla sospettare. Per farla distrarre, la porta all’Opera, a Rouen, dove incontrano Léon, oramai diventato uomo.

Sapete già il resto: lei rinsavisce (per modo di dire), inizia una romantica e rocambolesca storia d’amore con lui, continua a spendere senza criterio, in una parola: si dà alla pazza gioia. Finché Lheureux le manda a casa il conto stratosferico delle sue cambiali e gli allegri omini preposti a pignorare tutto.

Disperata, si rivolge a tutti quelli che ama o conosce per farsi aiutare: chiede a Léon, essendo lui lo smidollato di cui vi parlavo potete capire che non ha modo di tirarla fuori dai casini; si umilia davanti a Rodolphe, che, essendo l’egoista egocentrico che sappiamo, non alza un dito per lei; va persino dal notaio, che ci prova con lei, insomma: è distrutta dall’angoscia. Eppure anche in questi momenti senza speranza non riesce a ragionare semplicemente, non riesce ad affrontare le sue colpe che mai considera colpe: piuttosto che mostrarsi a Bovary per quello che è – una povera illusa –, preferisce l’arsenico. Non per un nobile sentimento, quanto per una veloce scappatoia.

Chi ama chi

Bovary – ama Emma, la moglie. La ama con un amore tenero, devoto, pieno di cure e attenzioni, rispetta le sue opinioni, dà peso alla sua parola. Mentre lei giudica tutto questo semplicemente ridicolo.

Emma – ama follemente l’idea d’amore. D’accordo: tutti noi sogniamo l’amore (persino io), tutti noi abbiamo idealizzato un sentimento o un atteggiamento, tutti abbiamo sospirato per cose che erano solo nella nostra testa. Emma va molto oltre a tutto questo: lei pretende il sogno, se riesce ad averlo, esige che esso si pieghi alla sua volontà e, quando questo accade, soffre e smania per un sogno diverso.

Léon – ama il romanticismo e quindi pensa di amare Emma. Non è abbastanza cresciuto per andare oltre un immagine dell’amore.

Rodolphe – ama se stesso. E le belle donne. Con Emma riesce ad avere entrambe le cose, finché non arriva il conto. Ama anche defilarsi un attimo prima di pagare.

Chi uccide chi

Due sono gli assassini in questa storia: il primo è la smania patologica di Madame Bovary e il secondo è Madame Bovary.

La folle incontentabilità di Emma la spinge a fare una scelta sbagliata dietro all’altra, fino a quella finale: il suicidio. Lei però non sceglie di morire perché in preda ai rimorsi, non sceglie di morire per il troppo dolore nel comprendere le sue azioni e nemmeno sceglie di morire perché non più in grado di sopportare se stessa. No. Lei sceglie di morire semplicemente perché la morte le sembra una facile soluzione. Mangia l’arsenico, serena e, in pace con se stessa, va a dormire, sperando di svegliarsi morta.

Non succede così, l’arsenico non è quella fatale dolce morte instantanea che lei sogna, Madame Bovary muore dopo una lunghissima e atroce agonia in cui ci si dispiace più per il marito, che per lei.

Anche da morta, la moglie fa danni: Bovary, assediato dai creditori, afflitto dalla morte di Emma, con un’ultima, eroicissima prova d’amore, continua fino all’ultimo a illudersi su di lei. Finché trova le lettere d’amore dei suoi amanti. Allora lui, unico vero personaggio che incarna l’amore, si lascia morire di dolore.

Conclusioni

Amare sono le conclusioni di una tale storia, poiché in tutti noi aleggia una certa insofferenza così comune nell’animo umano: non si è mai contenti di quello che si ha, sentimento che spinge al facile oblio: troppo spesso dimentichiamo che la felicità è nelle piccole cose. Piccole cose che sono ovunque, ma che non vediamo perché, a occhi chiusi, siamo intenti a sognare.

Attenti dunque a quello che desideriamo, perché potrebbe avverarsi.

Annabelle Lee